STIMOLI - LIBRI

Brevi recensioni di libri

Wonder (R. J. Palacio, Giunti)

La storia

August, detto Auggie, nato con una tremenda deformazione craniofacciale, la sindrome di Treacher-Collins, si trova ad affrontare con coraggio il mondo della scuola dove non è mai andato, dopo anni di protezione da parte della sua famiglia. Come sarà accettato dai compagni? Dagli insegnanti? Chi sarà suo amico? Un protagonista sfortunato ma tenace, una famiglia meravigliosa, degli amici veri aiuteranno August durante l’anno scolastico che finirà in modo trionfante, grazie alla gentilezza con la quale si confronta con le persone intorno a sé. Il libro è diviso in otto parti ciascuna narrata in prima persona da un diverso personaggio fatta eccezione per August che racconta 3 volte, ogni parte è introdotta da una canzone o da una citazione. 

Su cosa fa riflettere

Il libro affronta con delicatezza il tema della disabilità. E della forza che può dare una famiglia sempre positiva. E della potenza enorme della gentilezza. Al termine dell’anno scolastico i professori, i ragazzi e le famiglie si ritrovano per la premiazione degli studenti migliori. Uno dei premi più ambiti è quello conferito per la grandezza e il valore umano. Viene assegnato ad August con la motivazione tratta dalle parole stesse del preside della scuola: “Il più grande è colui la cui forza trascina il maggior numero di cuori grazie al richiamo del proprio”. Il racconto di Auggie è una sfida, quella di essere sempre se stessi in un mondo pieno di avversità.
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Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve (Jonas Jonasson, Bompiani)

La storia

Allan Karlsson compie cento anni e per l’occasione la casa di riposo dove vive intende festeggiare la ricorrenza in pompa magna, con tutte le autorità. Allan, però, non ha nessuna voglia di partecipare. Così decide, di punto in bianco, di darsela a gambe. Con le pantofole ai piedi scavalca la finestra e si dirige nell’unico luogo dove l’insopportabile Alice Englund, direttrice dell’istituto, non può riacciuffarlo, alla stazione degli autobus. Vuole certamente andarsene via, anche se non sa bene verso dove. Nell’attesa di un pullman che parta, Allan si imbatte in un personaggio un po’ strano, giovane, biondo e fiducioso che l’attempato Allan sia completamente innocuo. Non riuscendo ad entrare nella piccola cabina della toilette pubblica insieme alla sua ingombrante valigia, il giovane chiede ad Allan di vigilare  che nessuno la rubi. Mai avrebbe pensato, il giovanotto, quanto gli sarebbe costata questa richiesta. Difatti, la corriera sta partendo e Allan non può perderla se vuole seminare la direttrice strega che ha già dato l’allarme, e così sale, portando con sé quella grossa, misteriosa valigia. E non sa che quel biondino insipido è un feroce criminale membro dell’organizzazione criminale Never Again (“il Real Madrid del crimine”) pronto a tutto per riprendersi la sua valigia e fare fuori l’arzillo vecchietto. Così, trascinandosi dietro la pesante valigia, Allan scende alla stazione per la quale i pochi soldi che si trova in tasca gli consentono di pagare il biglietto. Lì conosce Julius Jonsson, un settantenne solo e male in arnese, che gli offre un ricovero per la notte. Con lui scoprirà il contenuto della valigia, poi a casa sua arriverà anche il giovanotto che la rivuole assolutamente indietro. Ma saranno più pericolosi il giovane delinquente o gli innocenti vecchietti? Un romanzo, ricco di umorismo e divertimento, di un centenario capace di incarnare i sogni di ognuno, pronto a tutto per non lasciarsi scappare un improvviso e pericoloso dono del destino.

Su cosa fa riflettere

Il romanzo esprime il concetto che la vita è un’avventura incredibile, piena di incontri strani, importanti e anche piena di fatalità da cogliere al volo. Un libro a tratti esilarante, con protagonista un personaggio che insegna a vivere con calma e tranquillità, alla giornata, senza porsi problemi e ansie, rasserenandosi con un goccetto e non cercando mai la vendetta. Insegna che anche dalle peggiori condizioni e da situazioni complicate si può uscire in modo semplice e scanzonato. Un brano del racconto fa comprendere bene questo concetto: “Aveva girato il mondo e di cose ne aveva viste tante, ma una in particolare l’aveva colpito, e cioè che i conflitti più grandi e apparentemente irrisolvibili si basavano sempre sullo stesso presupposto e che la soluzione il più delle volte consisteva nello scolarsi insieme una bella bottiglia e guardare al futuro.” La vita è bella per tutto il tempo in cui la si vive, anche per cent’anni.

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Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte (Mark Haddon, Einaudi)

La storia

Christopher è un ragazzo di 15 anni affetto dalla sindrome di Asperger, una forma di autismo. È dotato di straordinarie competenze logico-matematiche, ma ha difficoltà a stringere relazioni con le persone, ha una mente straordinariamente allenata alla matematica ma assolutamente non abile verso i rapporti umani. Odia il giallo e il marrone e essere sfiorato, ama il rosso. Ha una memoria formidabile e conosce a memoria i numeri primi fino a 7507. Ama gli schemi, gli elenchi e la deduzione logica. Non è mai andato più in là del negozio dietro l’angolo, ma quando scopre il cane della vicina trafitto da un forcone capisce di trovarsi di fronte a uno di quei misteri che il suo eroe, Sherlock Holmes, era così bravo a risolvere. Decide così di indagare per scoprire l’assassino. Suo padre ha sempre detto a Christopher che sua madre era morta per una malattia al cuore, ma un giorno il ragazzo rinviene delle lettere nella camera del padre spedite dalla madre datate mesi dopo la sua presunta morte. Christopher scopre così che la madre non è morta ma vive a Londra con l’ ex vicino di casa, il signor Shears e così decide di prendere un treno per Londra, dove troverà la madre. Alla fine lei rompe la relazione con il signor Shears e torna a vivere nel suo paese, anche se non nella stessa casa dell’ex marito. Christopher passa gli esami di matematica a pieni voti e, nelle ultime righe del romanzo, spiegherà i suoi futuri progetti: iscriversi all’università e diventare uno scienziato. Il libro è un giallo diverso dai soliti, con da una trama intrigante e seria ma allo stesso tempo divertente. Grazie alle sue capacità deduttive, il ragazzino che odia essere toccato, che non riesce a interpretare le espressioni del viso degli altri e non sorride mai, intraprende un’avventura che non ha nulla da invidiare a quelle del suo eroe letterario. 

Su cosa fa riflettere

“Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” ha il pregio di trattare con delicatezza un tema difficile come quello dell'autismo. L’isolamento dalle emozioni e la sua naturale predisposizione rendono Christopher un grande appassionato della matematica. Ma Christopher è un adolescente con le sue trasformazioni e con sue le scelte spesso sbagliate. Il libro presenta le difficoltà del rapporto fra padre e figlio, rapporto reso ancora più complicato dalla presenza di una malattia mentale. Poi c’è il problema dei pregiudizi e di quanto questi siano sbagliati: difatti Christopher risolve il caso grazie a comportamenti che gli altri giudicano maniacali. Un altro tema è quello dell’importanza di riuscire a mettersi nei panni degli altri: Christopher non capisce le metafore, per cui chi le usa non si fa mai capire da lui. Ma la riflessione più importante di tutte riguarda la sua insegnante di sostegno Siobhan, una figura straordinaria, anche se minore, del romanzo. Sempre calma, serena, rilassata, non si agita mai e usa il metodo più adeguato. Dice Christopher: “otto anni fa, quando incontrai Siobhan per la prima volta, lei mi mostrò un disegno e io imparai che significava essere tristi, che era come mi ero sentito quando avevo trovato il cane morto. Poi mi mostrò anche un altro disegno e io imparai che significava essere felici, che è quello che mi succede quando leggo delle missioni nello spazio dell’Apollo, oppure quando sono ancora sveglio alle tre o alle quattro di mattina e passeggio su e giú per la strada, fingendo di essere l’unico superstite sulla Terra. Chiesi a Siobhan di disegnare tante di queste facce e di scrivere vicino a ognuna di esse il loro esatto significato. Conservavo quel foglietto in tasca e lo tiravo fuori tutte le volte che non capivo cosa mi diceva la gente. Però era molto difficile decidere a quale di questi diagrammi corrispondesse l’espressione delle loro facce, perché le facce delle persone cambiano molto velocemente.”

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Mi chiamo Chuck (Aaron Karo, Giunti)

La storia

Il titolo completo è: “Mi chiamo Chuck. Ho diciassette anni e, stando a Wikipedia, soffro di un disturbo ossessivo-compulsivo. Il che sembra vero, stando al brano seguente “Lo scorso anno mi sono fatto esattamente 273 pippe. Questo fa una media di 5,25 alla settimana e di 0,75 al giorno. Non lo so che cos’è che mi impressiona di più: il fatto che mi faccia così tante pippe o il fatto che ne abbia tenuto il conto per tutto l’anno. Però l’ho fatto, su una pila sempre più alta di post-it nascosta dentro il comodino. Fatti una pippa, prendi nota, vai a nanna. La routine. Il problema è che la routine occupa una buona parte della mia vita. Ok, va bene, forse routine non è la parola giusta. Quello che faccio non è routine. È compulsivo. Avete presente quando leggete qualcosa e vi viene da dire: Cazzarola, sono io! Bhè, una volta che l’ho letto, ho capito che ce l’avevo”.
Chuck, ha diciassette anni, si lava le mani continuamente, controlla anche cento volte che i fornelli siano spenti e non va mai a dormire senza aver fatto la pipì fino allo sfinimento. Ha un amico del cuore, Steve, l’unico a cui confida le sue stramberie e una sorella, Beth, bella, normale e piena di amici che lo ignora fino a negargli persino l’amicizia su Facebook. La sua giornata è costellata dalla ripetizione di gesti, regole maniacali che lui stesso si è imposto per non perdere il controllo di sé. E poi ci sono le scarpe Converse All Star: ne possiede decine di paia alte, basse, di qualunque colore purché a tinta unita. Ogni colore l’ha abbinato ai vari stati d’animo. Converse rosse: arrabbiato; gialle: nervoso; marrone chiaro: in ansia; arancioni: stanco e così via I genitori, però, sono sempre più preoccupati e, nonostante le rimostranze di Chuck, decidono di spedirlo da una psichiatra. L’arrivo di una nuova compagna di classe e il desiderio di aiutare il suo amico Steve, vittima dei bulli convinceranno Chuck a prendere sul serio i suoi sintomi e a iniziare una terapia. Il rapporto con la neuropsichiatra che lo prende in cura è molto divertente e, alla fine, gli permette di vivere una vita più tranquilla.

Su cosa fa riflettere

Il romanzo è scorrevole. Chuck racconta in prima persona la sua vita, le sue ossessioni, i suoi affetti. Fa entrare il lettore nella propria testa e gli mostra il mondo dalla sua visuale. Una visuale leggera di una vera patologia raccontata in modo da tirare su il morale e far sentire sereni coloro che leggono. Non solo. La storia è un po’ una favola e come tutte le favole avrà un lieto fine. Come tante situazioni della vita in cui ogni cosa sembra andare per il verso sbagliato e poi un po’ alla volta tutto si sistema se ci si accetta, se si pensa positivo e se ci si impegna a migliorare attraverso lo sforzo personale. La storia di Chuck fa pensare anche ad un’altra cosa: a quanto per noi alcune cose siano scontate mentre per altri non lo sono. Ad esempio, per il protagonista è del tutto impensabile andare in un campeggio, collettore di tutte le sue fobie, ma i compagni di scuola lo deridono ritenendo Chuck solo uno sfigato, quando in realtà è un “malato”.

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L’imprevedibile viaggio di Harold Fry (Rachel Joyce, Sperling & Kupfer)

La storia
 
Quando viene a sapere che una sua vecchia amica, ammalata di un tumore, sta morendo in un paesino ai confini con la Scozia, Harold Fry, tranquillo pensionato inglese, esce di casa per spedirle una lettera. Arrivato alla cassetta postale più vicina a casa sua, spinto da un impulso improvviso, comincia a camminare verso quella un po’ più distante, poi quella più lontana ancora... e poi Harold cammina, cammina, cammina ancora incurante della stanchezza e delle scarpe troppo leggere. Non sa neanche lui il motivo: forse perché ha con la sua amica un antico debito di riconoscenza mai ricambiato, forse perché ultimamente la vita non è stata facile per lui e per sua moglie Maureen. Ha solo una convinzione, forse un sogno, forse un’idea un po’ folle: finché lui camminerà, la sua amica continuerà a vivere. Inizia così un imprevedibile viaggio a piedi dal sud al nord dell’Inghilterra, mille chilometri di cammino e di incontri con tante persone per consegnare a mano la lettera che ha scritto.
 
Su cosa fa riflettere

Il romanzo è un po’ commovente e un po’ ironico, un po’ triste e un po’ divertente, un po’ pieno di carica e di decisione e un po’ di avvilimento e di insicurezza. Insomma, è come la vita sviluppata in un viaggio di mille chilometri. Harold Fry è semplicemente indimenticabile. Celebra l’amicizia, l’amore e la forza dei sogni, ma soprattutto il valore della riconoscenza verso chi ci ha fatto una cosa buona. Il viaggio di Harold è contemporaneamente nel mondo e dentro se stesso: chilometro dopo chilometro, incontro dopo incontro affiorano ricordi belli e brutti, scelte giuste e scelte sbagliate, occasioni prese e occasioni sfuggite, tutte cose Harold illumina con una sua saggezza inconsapevole e con la forza del suo ottimismo. Harold Fry è un eroe senza essere Super, un uomo speciale capace di insegnarci a credere che tutto è possibile, se lo vogliamo davvero.

Se vi piacerà questo romanzo, c’è un seguito. Nel 2014 è uscito un libro della stessa autrice, che racconta la stessa storia dal punto di vista dell’amica malata di Harold Fry. Si intitola “La canzone d’amore di Quinnie Hennessy”

 

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