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Parole dal mondo: belle e intraducibili

Le parole hanno un potere magico.

Possono rendere felice un uomo o

spingerlo alla disperazione,

possono trasmettere il sapere

da un insegnante a uno studente;

con le parole l’oratore trascina l’uditorio

e ne determina le decisioni.

Le parole suscitano emozioni

e influenzano le azioni degli uomini.

Sigmund Freud


La civiltà ebbe inizio quando la prima persona arrabbiata scagliò una parola invece che una pietra.

Sigmund Freud

 

Le parole che abbiamo in mente e che utilizziamo influenzano la nostra percezione e il nostro modo di pensare. C’è una storia che lo mostra.

La storia di quel turista che avendo qualche giorno libero decise di effettuare un viaggetto a Firenze. Arrivato la sera tardi andò subito a dormire pensando di alzarsi presto, l’indomani, per camminare sotto lo splendido sole che le previsioni meteorologiche avevano ipotizzato per tutta la settimana. Purtroppo non fu così e piovve per due giorni senza interruzione. Le nubi si liberarono senza fretta di una pioggia fredda che induceva a starsene in albergo al calduccio, a godere di piaceri casalinghi e ad arrotolarsi nella malinconia delle giornate grigie e uggiose. Durò due giorni interi, la pioggia, e sgocciolò solo durante l’ultima notte. Il terzo giorno Firenze si svegliò illuminata da sole meraviglioso che regalò alle persone che finalmente si accalcavano per le strade una giornata calda e piacevole. Era un piacere passeggiare, dopo l’umidità dei giorni precedenti, per le strade e le piazze in mezzo a turisti di ogni nazione, colore, etnia e provenienza. Al nostro turista venne il desiderio di camminare nei bellissimi giardini di Boboli dove trovò molti fiorentini, era domenica, che avevano avuto la sua stessa idea. Nei giardini, vicino ad una aiuola, ignorato quasi da tutti, era seduto un uomo a capo chino, con la mano destra tesa nella richiesta di qualche moneta e con un vistoso cartello appeso al collo dove c’era scritto, con grafia incerta: “CIECO DALLA NASCITA”. Pochissimi di coloro che passavano lì vicino sembravano notare il mendicante. Ad un tratto sopraggiunse, sveltissimo, sopra pattini da velocista, un ragazzo che avrà avuto sì e no diciannove o venti anni: uno di quei ragazzi che solitamente la gente guarda un po’ storto, con i capelli a cresta di gallo colorati di azzurro e con qualche orecchino alle orecchie e al naso che gli davano un’aria strafottente e forse di sfida. Il ragazzo si fermò davanti al cieco, lo studiò un minuto, gli tolse il cartello dal collo e scrisse rapidamente qualcosa sul retro con un pennarello verde che aveva estratto da una delle numerose tasche del suo giubbotto. Rimise il cartello sul petto dell’uomo e volò via come un fulmine, sparendo in pochi secondi. Molte persone avevano assistito alla scena e qualcuno si lasciò sfuggire che forse il ragazzo aveva approfittato dell’innocuo mendicante scrivendo sul suo cartello una frase offensiva o umiliante, o che lo mettesse in ridicolo. Parecchi si avvicinarono per leggere meglio e nessuno andava via senza lasciare nella mano tesa del cieco un po’ di soldi e anche qualche banconota. Sembrava che l’intervento del giovane avesse generato un effetto moltiplicatore della iniziale scarsa generosità dei passanti. Come tutti anche il turista di questa storia lesse, e leggendo capì. Sul cartello, con un artistico stampatello, c’era scritto: “OGGI È UNA BELLISSIMA GIORNATA E IO NON POSSO VEDERLA”. Non era cambiata la condizione del mendicante, erano diverse le parole che la descrivevano.
Senza parole non c’è pensiero. I pensieri sono fatti di parole, senza parole mancano gli elementi utili a costruire un ragionamento. Siamo in grado di pensare solo ciò che sappiamo anche dire, e sappiamo pensare tanto meglio quanto meglio sappiamo parlare. Nel 1976 il linguista Tullio De Mauro fece una ricerca per vedere quante parole conosceva uno studente del ginnasio. Il risultato fu circa 1.600. Ripetuto il sondaggio venti anni dopo, il risultato fu che i ginnasiali del 1996 conoscevano dalle 600 alle 700 parole. Oggi si pensa che ne conoscano 300, forse di meno. Questo significa che chi frequesta il ginnasio oggi ha meno ricchezza di pensiero? Sì, stando al filosofo Martin Heidegger che sostiene che “riusciamo a pensare limitatamente alle parole di cui disponiamo, perché non riusciamo ad avere pensieri a cui non corrisponde una parola. Le parole non sono strumenti per esprimere il pensiero, al contrario sono condizioni per poter pensare”.

Quindi, il linguaggio è legato alla nostra capacità di pensare. Dovremmo impegnarci ad imparare più parole possibili perché il numero di parole che conosciamo ci rende mentalmente più capaci.

Partendo da queste considerazioni, mi sono dedicato a collezionare un po’ di parole provenienti da tutto il mondo, che hanno una caratteristica comune: esprimono concetti pieni di significato, ma sono praticamente intraducibili nella nostra lingua. Le ho riportate in questo articolo, in ordine alfabetico, per diffonderle e condividerle con più persone possibili, anche se di molte di loro non saprei neanche indicare la pronuncia. Ma sono parole belle e forse ci aiuteranno ad aprire la nostra mente. Ogni parola è presentata in tre paragrafi: la parola originale nel primo, il suo significato letterale nel secondo, con un carattere inclinato e qualche commento o riflessione nel terzo. Cominciamo.

Age-otori, in giapponese
Quando, usciti dal parrucchiere, stiamo peggio di quando siamo entrati
Scommetto che a qualcuno che conoscete è capitato più di una volta.

 

Anụ ọhịa-ạzu, in igbo, una lingua che si parla in Nigeria
La bestia sulla schiena che si mangia il tuo cibo e ti permette di alimentarti solo con i suoi avanzi
Soggezione, sottomissione o servitù di cui è impossibile liberarsi.

 

Åselichibå, in oromo, lingua parlata nel Corno d’Africa
Il lago di noia che è prodotta dalla stupidità altrui
Quando la più dignitosa azione della persona non consiste nell’alzare le braccia, ma nell’abbassarle. Quando dobbiamo rassegnarci all’idea che certe persone non cambieranno mai.

 

Aspectabund, in inglese
Essere senza parole, ma ogni espressione del volto e del corpo urla ciò che si prova
Un modo per dire che stiamo comunicando qualcosa anche se siamo in silenzio. Un po’ quello che sosteneva Sigmund Freud in un suo articolo: “Mentre la bocca tace, i polpastrelli  parlano”.

 

Ayurnamat, in inuit, lingua parlata in Groenlandia, nel Canada del Nord e in Alaska Settentrionale
Non ci sono motivi di preoccuparsi di cose che non possono essere cambiate
Se qualcosa può essere cambiato, sforziamoci di cambiarlo. Se non può essere cambiato, non possiamo farci niente, va accettato e basta.

 

Bakiginin, in careliano, una lingua che si parla nel Golfo di Finlandia
La tristezza del costruttore di muri
Il contrasto tra la necessità di allontanare tutti dalla nostra vita e l’impossibilità di farlo.

 

Backpfeifengesicht, in tedesco
Un volto che ha un bisogno urgente di uno schiaffo
Sono sicuro che ciascuno di coloro che leggono questo articolo ha chiaro in mente a quale persona appartiene quel volto.

 

Boketto, in giapponese
Il sentimento che ti viene quando rimani a guardare fisso in lontananza e ti perdi dentro te stesso senza un motivo apparente
Come dire che tutto sembra sospeso e l’unica cosa importante sei tu, in quel momento.

 

Chādanāca, in bengalese
Il godimento agghiacciante di ballare sul ciglio di un tetto
Qualcosa che è allo stesso tempo pauroso e meraviglioso.

 

Chuem gruši okola ivat’, in russo
Far cadere le pere dall’albero sbattendo la punta del pene sul tronco
Come dire scansafatiche, fannullone, sfaticato, pigro.

 

Dharmaniṣṭhuya, in canarese, lingua che si parla in India
La pietà del pendio
Il sentimento che prova il viandante esausto quando lungo il cammino trova una discesa.

 

Engentar, in spagnolo
Amore per la solitudine
Ricercare una solitudine serena e arricchente, uno spazio per sé, per poi dedicarsi agli altri con maggiore consapevolezza.

 

Erupaṟarkkiṟatu, in tamil, lingua che si parla in India e in Sri Lanka
Scacciare il bue per guardare la mosca
Per trovare quello che stai cercando devi distogliere l’attenzione dalla cosa più evidente, perché a volte sbagliamo prospettiva o punto di vista.

 

Eudaimonia, in greco (da eu = buono e daimon = genio ispiratore, spirito, coscienza)
La felicità intesa come scopo fondamentale della vita e dell’etica individuale, una felicità a cui viene dato un ruolo preciso nell’indirizzare la propria condotta
Quindi, la felicità consiste nel sentirsi bene dentro, sentirsi a posto, sentirsi sereni e in pace.

 

Fa atanmaile, in samoano
Lo sguardo del cane allo specchio
Il sentimento che provi quando lotti contro la percezione di te stesso, perché non sei in grado di riconoscerla come tua.

 

Faayalo zweeghe, nel dialetto dei Ga, una tribù del sud del Ghana
Solo colui che cerca l’acqua può rompere l’anfora
Devi smetterla di lamentarti per ciò che non hai fatto. Gli unici che non sbagliano sono quelli che non fanno niente.

 

Fernweh, in tedesco
Nostalgia dell’altrove
Il desiderio malinconico di essere in qualche altro posto.

 

Glas wen, in gallese
Sorriso blu
Una smorfia malevola davanti alla sofferenza del nostro peggior nemico.

 

Gluggaveður, in islandese
Tempo da finestra
Si usa per indicare quelle giornate invernali bellissime, in cui fa troppo freddo per uscire.

 

Iktsuarpok, in inuit, come detto, lingua di Groenlandia, Canada e Alaska
Ansia dell’attesa
La sensazione che ti spinge a guardarti intorno per vedere se qualcuno sta arrivando.

 

Ilunga, in congolese
Essere disposti a perdonare un affronto una prima volta e a tollerarlo una seconda volta, ma non una terza
Il perdono e la tolleranza sono fondamentali nelle relazioni umane, ma c’è un limite oltre il quale non si possono più accettare le offese, gli insulti e i maltrattamenti.

 

Kairos, in greco
Il momento giusto,il tempo opportuno
Il tempo per gli antichi greci poteva essere espresso da due parole: chronos e kairos. Chronos si riferisce al tempo fisico e ha una caratteristica quantitativa, mentre kairos ha valore qualitativo e si riferisce al momento in cui accade qualcosa che non ci si deve far scappare.

 

Karıskırkira, in kirghiso, lingua parlata in Asia Centrale
Il lupo travestito da altalena
Magari ci sei seduto da un bel pezzo senza averlo visto, La sensazione di stupidità che ti prende quando ciò che stai cercando è davanti a te fin dall’inizio.

 

Katsrauvsaali, in khmer, lingua parlata in Cambogia
Colui che taglia il frumento nel momento in cui si deve tagliare il frumento
Una persona affidabile nella quale riporre tutta la propria fiducia.

 

Kegemteraan, in malese
Allegria di inciampare
Sentimento simultaneo di piacere e sconforto quando sai di aver fatto qualcosa che non avresti dovuto fare.

 

Kkamagwiga nal ttae baega tteol-eojigo, in coreano
Quando il corvo spicca il volo, cade una pera
Non c’è modo di sapere se la pera è caduta perché il corvo ha spiccato il volo, o se il corvo ha spiccato il volo perché è caduta la pera: sono le nostre percezioni a definire ciò che crediamo di vedere. In poche parole, correlazione non implica causalità.

 

Kuklenlĕva, in bulgaro
Colui che lancia leoni al burattinaio
Tenendo conto che la parola con cui i bulgari chiamano la loro moneta è “lev”, cioè “leone”, il significato è: pagare il burattinaio lanciandogli monete, mentre lo compensi miri anche a fargli male perché ha fatto qualcosa che non ti è piaciuto.

 

Kummerspeck, in tedesco
La pancetta della tristezza
I chili che metti su quando sei infelice.

 

Mamihlapinatapai, in yamana, lingua parlata da una tribù nomade della Terra del Fuoco
L’occhio incagliato
Guardarsi reciprocamente negli occhi tra persone che aspettano che l’altro faccia qualcosa che entrambi desiderano, ma che nessuno osa fare per primo.

 

Mångata, in svedese
Il riflesso della luna come un sentiero sull’acqua.
Sembra una strada evidente, ma non la puoi percorrere.

 

Meraki, in greco moderno, parola che ha una radice linguistica serba
Fare qualcosa, qualunque cosa, con passione e anima
È un termine che i greci moderni spesso usano per descrivere l’atto di fare una cosa mettendo tutto te stesso in ciò che stai facendo. Può essere un'azione semplice del quotidiano oppure qualcosa di più complesso, l'importante è che venga fatta con tutto l'impegno e la passione di cui si dispone.

 

Mlakundhog, in giavanese, lingua indonesiana
La delicatezza di chi cammina sulle uova senza far rumore
Nelle relazioni umane chi si muove con prudenza, cautela, garbo e gentilezza.

 

Murr-ma, in wagiman, una lingua aborigena australiana
Camminare nell’acqua cercando qualcosa con i piedi.
Una ricerca alla cieca, ma quando sfiori qualcosa, e non prima, puoi tuffarti e andare a prenderlo.

 

Nankurunaisa, giapponese
Con il tempo si sistema tutto
Un invito alla pazienza, all’attesa a vivere senza ansia per ciò che accade.

 

Ohana, in hawaiano
Famiglia
La parola è intesa in modo esteso perché include non solo la relazione stretta, ma anche quella adottiva o amicale. Nel concetto di Ohana, famiglia e amici sono uniti, ed in questa relazione devono aiutarsi e ricordarsi gli uni degli altri. Famiglia significa che nessuno viene abbandonato. o dimenticato”.

 

Pihentagyú, in ungherese
Con un cervello rilassato
Si usa per descrivere persone intelligenti che sono capaci di inventare scherzi o soluzioni sofisticate.

 

Pothos, in greco
Il desiderio dell’irraggiungibile
L’etimologia della parola racchiude due significati contrapposti, quello di desiderio e quello di lutto. Si tratta di quel sentimento rappresentato dal dio Pothos che per gli antichi greci era la personificazione del rimpianto e del senso di nostalgia che si prova quando una persona amata è lontana. La mitologia greca considera Pothos, insieme ad Eros, come figlio di Afrodite.

 

Pyt, in danese
Rilassarsi e fregarsene di ciò che accade intorno a noi
Quanto ne avremmo bisogno, tante volte! Nel tumulto delle nostre giornate è meglio rasserenarsi e darsi del tempo per ricaricare le batterie.

 

Rakṣakuḍuha, in telegu, lingua che si parla nell’India centro-meridionale
Il protettore senza armatura, colui che salta nudo nella traiettoria della freccia
Una persona coraggiosa che si sente invulnerabile quando protegge qualcuno.

 

Saikerei, in giapponese
La massima forma di rispetto per l’altro, è l’inchino più profondo, la curvatura della schiena che raggiunge la flessione più ampia
Manifestazione del riguardo massimo, quello che potresti usare alla corte dell’imperatore, oppure quando devi porgere le scuse più sentite.

 

Smultroställe, in svedese
Il campo dove crescono le fragole
Il posto dove ognuno di noi si sente libero e lontano dallo stress.

 

Struisvogelpolitiek, in olandese
Politica dello struzzo
Descrive chi sceglie di far finta di niente, come se non si fosse accorto che qualcosa di grave è successo vicino a lui.

 

Ubuntu, in bantu, lingua parlata in tutta la parte del Continente Africano a sud dell’Equatore
Benevolenza verso il prossimo
Una filosofia, un modo di essere, una regola di vita che si basa sulla compassione, sul rispetto degli altri per l’interconnessione che unisce tutti gli essere umani. Significa sostenersi reciprocamente, prendere coscienza non solo dei propri diritti ma anche dei doveri, esprime desiderio di solidarietà verso tutti gli altri. Come dire sono felice se anche tu lo sei.

 

Umuntu ngumuntu ngabantu, sempre in bantu
Io sono ciò che sono in virtù di ciò che tutti siamo
Diventiamo quelli che siamo grazie agli altri, posso prendere il meglio di una persona e portarlo in me e quella persona può prendere da me ciò che ritiene utile e importante e portalo in sé.

 

Voorpret, in olandese
Felicità dell’attesa
Indica la sensazione di gioia nell’anticipare qualcosa di divertente o piacevole che accadrà a breve.

 

Wabi-sabi, in giapponese
Apprezzare la bellezza imperfetta
Comprendere e accettare che se non ci fosse neanche una macchia quella cosa non sarebbe così meravigliosa.

 

Waldeinsamkeit, in tedesco
Sentirsi come quando si è soli in un bosco
Una sensazione che è nello stesso tempo di solitudine e di contemplazione.

 

Yoko meshi, in giapponese
Pasto mangiato in orizzontale, da entrambi i lati
Una delle paure più comuni tra chi viaggia all’estero è quella di non essere in grado di farsi capire  e finire in situazioni scomode e fastidiose. Yoko meshi si riferisce alla fatica dovuta al parlare in una lingua doversa dalla propria, come se stessimo cercando di deglutire il cibo in maniera maldestra.

 

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Nella scrittura di questo articolo mi è stata di grande ispirazione la trilogia Regina rossa, Lupa grigia e Re bianco, triller in tre parti di Juan Gómez-Jurado, edizioni Darkside. Ha offerto un contributo anche Valentina Ghirardi operatrice della cooperativa La Pieve di Ravenna.

 

 

 

 

 

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